Cosa ci spinge verso la scelta di un partner piuttosto che di un altro?
Quali sono i meccanismi dell’incontro amoroso?
La scelta del partner non è assolutamente casuale ma segue delle regole ben precise, che giocano un ruolo determinante nel far sì che ci si orienti su una persona invece che su un’altra. Accade frequentemente di avere la sensazione di ricadere negli stessi meccanismi relazionali o di incontrare sempre la stessa tipologia di partner, come se si ripetesse il medesimo schema, benché magari ci si era ripromessi di non caderci più. Molti lamentano ricorrenti relazioni insoddisfacenti, nella maggior parte dei casi crediamo che tutto questo sia dovuto al destino oppure ce la prendiamo con la nostra cattiva sorte, ma per fortuna non si tratta di sfortuna…in realtà nella nostra mente possediamo già una sorta di modello di come quella relazione sarà e di cosa ci possiamo aspettare, ci attrae qualcosa nell’altro che riconosciamo come noto, al punto da considerarlo familiare!
Questo modello è stato appreso all’interno della prima relazione d’amore significativa della nostra vita, ossia quella con i nostri genitori. Infatti, è l’esperienza del nostro primo amore, quello verso nostra madre o nostro padre, che ci imprime nella mente un’idea di cosa dovremo aspettarci dalle relazioni sentimentali future. Pertanto ciò che abbiamo sperimentato da bambini influisce profondamente nel nostro modo di costruire relazioni da adulti proprio perché sulla base di quella prima relazione ci costruiamo una mappa, quindi non facciamo altro che scegliere quel partner che consente di confermarla. Ciò fa sì che ci si avventura più volentieri in rapporti che hanno qualcosa di simile a quelli vissuti in passato, poiché ci permettono di confermare le idee che ci siamo costruiti su noi stessi e sugli altri e di giustificare la ripetizione dei nostri modelli relazionali
Bowlby (psicologo statunitense) ha usato il termine omeostasi rappresentativa per spiegare che ci si lega a qualcuno che non faccia vacillare il sistema di rappresentazioni così saldo in noi. Vero anche che le nuove relazioni e in particolare i rapporti di coppia, possono modificare i modelli operativi interni.
Ma cosa sono i Modelli Operativi Interni?
Tali rappresentazioni, chiamate modelli operativi interni, sono modelli relazionali appresi attraverso il ripetersi delle interazioni con le prime figure significative e sono responsabili della stabilità dello stile di attaccamento che si forma durante l’infanzia.
Sono i genitori che ci insegnano come funzionano le relazioni, che cosa voglia dire essere oggetto di cure e attenzioni e che cosa comporta la relazione.
In questo modo le esperienze successive sono strutturate ed interpretate sulla base di tali rappresentazioni intrapsichiche di sé e degli altri. Tali rappresentazioni funzionano come mappe di comportamento, che continuano ad essere attivate nel corso dello sviluppo.
I modelli operativi interni dunque hanno la funzione di veicolare la percezione e l’interpretazione degli eventi da parte dell’individuo, consentendogli di fare previsioni e crearsi aspettative sugli accadimenti della propria vita relazionale. È possibile non solo che gli individui sopportino meglio le relazioni simili, ma che all’interno di queste trovino più facile interagire.
Se abbiamo avuto relazioni in cui il nostro genitore era freddo, distante, poco disponibile con uno stile di attaccamento evitante, tenderemo ad indossare da adulti proprio quegli stessi occhiali con cui vedevamo il nostro genitore. Portandoci cosi dietro una precisa idea di cosa possiamo aspettarci dagli altri. Saremo adulti che camminano nel mondo con i piedi di piombo, corazzati per difenderci dal rischio della delusione. Non avendo avuto una “base sicura” a cui far riferimento, tenderemo a fuggire dall’intimità e dal coinvolgimento affettivo, preferendo rapporti di tipo sessuale spesso superficiali. La vita relazionale sarà improntata tutta sul desiderio di conquista di un’autonomia e autosufficienza personale che escluda, in caso di necessità il ricorso agli altri, considerati individui inaffidabili e su cui contar poco. Fidandoci esclusivamente della nostra autosufficienza, non cerchiamo premure né ci aspettiamo di ricevere delle cure dall’altro. Questa vera e propria strategia di vita, in realtà, non è altro che una misura di prevenzione contro il rischio di ulteriori delusioni, dovute ad esperienze di eventuali rifiuti. (“…Per non correre il rischio di essere rifiutati, sopprimiamo l’emozionalità”). Nonostante le sofferenze che proviamo nel subire rifiuti tenderemo paradossalmente a scegliere e selezionare partner che maggiormente ci espongono al rischio della sofferenza e del rifiuto in modo da confermare quella percezione degli altri che ci siamo costruiti tramite le nostre prime esperienze. Molto probabilmente un partner dolce e affettuoso ci apparirà noioso e poco interessante.
Gli evitanti “single” si “difendono” dal rischio di amare, concentrandosi sui difetti del proprio partner dopo poco che conoscono una persona e vivono quindi relazioni brevi del tutto inconsistenti, che non li coinvolgano emotivamente.
Gli evitanti in “coppia” sono descritti come egocentrici e concentrati su se stessi; fanno fatica a ragionare come coppia e a costruire un senso del NOI, qualsiasi richiesta da parte dell’altro viene percepita come pressante, quasi come se la certezza del suo amore sia la sua sola presenza, della quale l’altro deve accontentarsi.Gli evitanti spesso descrivono i loro partner (sebbene normalissimi), come esigenti, lamentosi, soffocanti..etc. e vivono l’intimità emotiva e sessuale come un grande ostacolo, che li costringe a confrontarsi con le vecchie ferite, per questo, spesso di fronte alle richieste di maggiore intimità, rispondono al partner con la noia o con la fuga. Solitamente scelgono partner che gli permettono di confermare le loro idee circa la pericolosità del legame intimo, dunque molto gelosi, dipendenti e con richieste di coinvolgimento eccessivo e fusionale.
Al contrario se abbiamo sperimentato uno stile di attaccamento ambivalente avremo una relazione con una madre imprevedibile, svilupperemo dei modelli del sé, come di una persona da amare in maniera discontinua, ad intermittenza. Quando a prevalere saranno i modelli positivi del sé, come persona degna di amore, allora penseremo di essere amati profondamente e rispettati dal partner, ma quando prenderanno il sopravvento i modelli negativi del sé, come persona vulnerabile e non degna di amore, allora saremo facilmente trascinati nel tunnel della gelosia più estrema, dando vita ad una relazione ossessiva, possessiva e autoritaria: non mancano, talvolta, reazioni di aggressività fisica piuttosto violente, o addirittura episodi che sfociano in delitti passionali. Il problema principale di questo tipo di attaccamento insicuro-ambivalente è che “…rimaniamo sempre nella fase dell’innamoramento. La possibilità di esplorare il mondo, di essere contenti e di amare sulla base della sicurezza che può offrire una relazione consolidata sono per noi dimensioni sconosciute. Quello non è amore!” Sceglieremo tendenzialmente partner che non gradiscono l’intimità e che finiranno per confermare tutti i nostri dubbi e insicurezze.
Verrebbe da chiedersi se siamo dunque dei masochisti incalliti. La risposta è assolutamente no! Questo risponde ad un nostro bisogno di ricercare quello che conosciamo perché questo ci da sicurezza anche a costo della sofferenza. Ci immettiamo nelle relazioni facendo quello che abbiamo imparato e sperimentato lasciandoci guidare dalla nostra mappa di come deve essere una relazione. Il tutto avviene sulla base di un meccanismo circolare che mantiene in piedi anche, e soprattutto, le coppie disfunzionali.
Se invece abbiamo avuto la fortuna di godere di uno stile di attaccamento sicuro, con un genitore disponibile che si è preso cura di noi dal punto di vista emotivo, apprezziamo l’intimità, ci affidiamo facilmente al partner, mostriamo fiducia; seguiamo inoltre stili di innamoramento meno superficiali. Ci legheremo a compagni con il nostro stesso stile positivo di relazione e con le medesime idee circa l’intimità. Adotteremo dunque un criterio di somiglianza nella scelta del partner. Di conseguenza, ci orienteremo verso persone per lo più sicure, che dimostrino palesemente i propri sentimenti, e con cui poter condividere in maniera comunicativa i momenti tristi e quelli felici della nostra esistenza, in modo da confermare la nostra percezione di persona degna di essere amata e curata. Inoltre, avendo avuto esperienza di un rapporto di totale fiducia con il nostro cargiver, tenderemo a dar vita a legami sentimentali poco ossessivi, basati, cioè, sulla fiducia reciproca, utilizzando il nostro partner come base sicura da cui dipendere, ma allo stesso modo, da cui partire autonomamente, per le continue esplorazioni dell’ambiente circostante. Infine presenteremo un alto livello di consapevolezza circa la nostra relazione e i possibili momenti di alti e bassi a cui andremo incontro, cercando di volta in volta, le strategie adatte al superamento di quelli difficili. Sono, dunque, per lo più correlate a soggetti sicuri, storie stabili e durature.
La scelta del partner quindi come abbiamo visto non è così casuale come possiamo credere, ma tende a riproporre o a rinnegare il legame che abbiamo sperimentato con i nostri caregiver. Per Weiss e Sampson (Weiss, 1993) la coazione a ripetere non rappresenta un arresto dello sviluppo, ma il tentativo, ripetuto e strategicamente inefficace, di trovare una via di uscita alle difficoltà relazionali incontrate: l‘altro viene testato (dalle aree più sicure fino a quelle più insicure e pericolose) per verificare la correttezza delle proprie aspettative negative e soprattutto per trovare una via di uscita all’impasse; la disconferma delle aspettative da parte dell’altro permette il superamento del test e, nel migliore dei casi, un passaggio evolutivo verso una forma di legame diversa dalle precedenti.
Per cui relazioni deludenti non sono una condizione immutabile. Imparare a conoscere i meccanismi che sono alla base della scelta del partner, esplorare la relazione che abbiamo avuto con i nostri genitori, scoprire cosa ci è mancato durante l’infanzia che cerchiamo nelle relazioni sentimentali attuali, permetterà di fare in futuro scelte maggiormente consapevoli e soddisfacenti.
Non è possibile cambiare il passato, ma è possibile fare in modo, attraverso scelte consapevoli, che questo non influenzi il presente e il futuro!
Da sempre appassionata alle relazioni e alle tematiche sociali, mi sono laureata in Psicologia Clinica e della riabilitazione e in Sociologia con indirizzo comunicazione, dopo anni di sport praticato a livello agonistico in campo internazionale. Nel tempo, l’esser diventata moglie e mamma, le difficoltà e le inevitabili crisi mi hanno portato a conoscere il counseling, da cui sono stata letteralmente rapita dal primo istante … mai stata così sicura in vita mia, sentivo che era proprio questa la mia strada!
Maggiori informazioni